CERCARE AIUTO PER SUPERARE UNA DIPENDENZA SPESSO SEMBRA UNA MONTAGNA INSORMONTABILE. QUESTO ARTICOLO CI AIUTA A COMPRENDERE COSA PUÒ CREARE QUESTO BLOCCO, INDICANDOCI ALCUNE STRATEGIE PER SUPERARLO E FARE IL PRIMO PASSO. (LA QUARTA TI SORPRENDERÀ)
Il peso della vergogna
Ogni volta che si pensa di chiedere aiuto per affrontare una dipendenza, è probabile che una voce nella testa dice:
“Ce la faccio da solo”, “In fin dei conti non sono messo così male, c’è chi sta peggio”, “Non voglio disturbare nessuno”, “Se lo scoprono, cosa penseranno di me?”.
E così si resta fermi, intrappolati in un ciclo di sofferenza che porta a sprofondare sempre di più.
Se ti ritrovi in queste parole, sappi che non sei solo. Chiedere aiuto per uscire da una dipendenza o da un comportamento distruttivo è una delle cose più difficili da fare. Ma è anche il primo passo verso una nuova vita.
Uno dei motivi per cui chiedere aiuto sembra così difficile è la vergogna. La dipendenza porta con sé un carico emotivo enorme: sensi di colpa, paura del giudizio, paura di deludere ulteriormente qualcuno, la convinzione di non essere abbastanza, di non essere in grado di farne fronte.
Ci si sente insicuri, incapaci, falliti, sentimenti che troppo spesso nella nostra società vengono stigmatizzati. Risulta che ammettere di avere un problema venga spesso visto come una sconfitta, quando in realtà si tratta di un atto coraggioso e di consapevolezza, necessario per avviare un cambiamento.
La dipendenza non definisce chi sei. Non sei il tuo problema. Non sei i tuoi risultati. Sei una persona che si trova in difficoltà, e chiunque abbia attraversato un periodo difficile sa quanto sia importante avere qualcuno accanto che lo supporti e lo accolga così com’è.
Il mito del “ce la faccio da solo”
Uno degli inganni più frequenti della dipendenza è la convinzione di poter smettere da soli. “Mi basta un po’ di forza di volontà”, “Da lunedì smetto”, “Questa è davvero l’ultima volta”.
Chi ha un problema di dipendenza, quante volte se l’è detto?
La realtà è che la dipendenza non è una questione di forza di volontà. Se bastasse la volontà, nessuno avrebbe problemi di questo tipo. La dipendenza agisce sui circuiti di ricompensa del cervello e sui meccanismi di gratificazione e porta a ripetere gli stessi schemi anche quando sappiamo che ci stanno distruggendo.
Ed è proprio qui che entra in gioco l’aiuto esterno: per rompere questo circolo vizioso, servono strategie, supporto e un piano d’azione concreto.
Serve imparare a conoscere la dipendenza, e le sue conseguenze, per riuscire a contrastarla in maniera efficace.
La paura del giudizio
“E se mi giudicano? E se mi criticano? Se poi mi escludono?
La paura di essere etichettati come drogato, alcolizzato, incapace di controllarsi, poco di buono, è una delle barriere più grandi.
Ma la verità è che chi ha davvero a cuore il tuo benessere non ti giudicherà. Anzi, probabilmente apprezzerà il tuo coraggio, la tua umiltà e la predisposizione a chiedere aiuto.
Nonostante il dolore e il senso di impotenza spesso appartengono alle persone che vivono la dipendenza di un loro caro, è raro che si neghi supporto ad un figlio, ad un compagno, ad un fratello, nel momento in cui lo chiede.
Le persone che contano davvero sono quelle che vogliono vederti stare meglio e che hanno a cuore il tuo benessere. E il giudizio che spesso si sente quando si ha una dipendenza, parte in primis da noi.
Il percorso StandUp include proprio per questo le famiglie nel recupero, per accompagnare in questo processo l’intero nucleo e rigenerare rapporti che si possano basare su nuove fiducie e obiettivi comuni.
La paura di fallire
“E se ci provo e poi ricado?”, “E se non fosse questa la strada giusta per me?”
È normale avere queste preoccupazioni ma è fondamentale non trasformarle in pensieri limitanti che ostacolano la scelta di intraprendere un percorso. Se si rimane ‘ostaggi’ di queste convinzioni sarà difficile fare un passo concreto per chiedere supporto.
L’alternativa è rimanere intrappolati nella dipendenza, rinforzare i comportamenti autodistruttivi e peggiorare la situazione. La paura di fallire blocca più persone di quante ne possa fermare un ostacolo reale.
Il vero fallimento non è cadere, ma non provarci nemmeno. Non esistono fallimenti, esistono solo risultati.
Ogni cammino può non essere perfetto, esemplare, ma da qualsiasi viaggio si percorra, qualunque difficoltà si possa incontrare, nel contesto di un percorso di recupero strutturato, ogni passo sarà occasione di raccogliere informazioni utili per migliorare, per crescere e per attivare un cambiamento importante.
Ci saranno momenti difficili, giorni in cui la tentazione sarà forte. Ma ogni volta che decidi di rialzarti, ti stai rinforzando. E ricorda che quando cadi e ti rialzi, non riparti da dove sei partito bensì da dove ti trovi in quel momento. Ogni passo avanti, anche piccolo, conta.
Come chiedere aiuto senza sentirsi deboli
Chiedere aiuto non significa essere deboli. Significa avere l’umiltà di ammettere che da soli è quasi impossibile smettere con una dipendenza.
Significa avere il coraggio di riconoscere che la propria vita merita di essere vissuta al meglio. Ecco alcune mosse strategiche per farlo:
- Identifica una persona di fiducia – Può essere un amico, un familiare, un professionista. Qualcuno con cui senti di poterti aprire senza paura di essere giudicato.
- Sii onesto – Dire “Ho bisogno di aiuto, non ce la faccio da solo” è un atto di forza. Non serve trovare le parole perfette, basta essere sinceri.
- Inizia con un piccolo passo – Non devi cambiare tutto in un giorno. Inizia con una conversazione, una telefonata, una richiesta d’informazioni su un percorso di recupero.
- Non aspettare il “momento giusto” – Il momento giusto non arriva mai. L’azione crea il momento giusto. E il momento giusto è adesso.
Il primo passo verso la libertà
Se sei qui a leggere queste parole, dentro di te c’è già una parte che vuole cambiare. Non ignorarla. Non lasciare che la paura decida per te.
Chiedere aiuto è il primo passo per smettere di sopravvivere e iniziare a vivere davvero.
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Redazione StandUp